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- Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM), fondato nel XIX secolo, produce farmaci essenziali, inclusi i farmaci "orfani", garantendo l'accesso alle cure per patologie rare.
- Dal 2015, lo SCFM ha ampliato la sua attività alla coltivazione di cannabis ad uso medico, dimostrando una capacità di adattamento alle nuove esigenze terapeutiche.
- Nel 2020, durante la pandemia da Covid-19, lo stabilimento ha prodotto soluzioni disinfettanti e idrossiclorochina, dimostrando la sua capacità di rispondere alle emergenze sanitarie.
Aumento delle spese militari e implicazioni per l’innovazione farmaceutica
L’incremento delle spese militari, pianificato dall’attuale governo, suscita un ampio dibattito riguardo le possibili conseguenze indirette su settori apparentemente distanti, come l’innovazione farmaceutica. Sebbene possa sembrare paradossale, esiste una connessione potenziale tra gli investimenti militari e il progresso scientifico in ambito medico, un legame che si fonda principalmente sul concetto di ricerca “dual-use” e sul trasferimento tecnologico che si realizza dai laboratori militari alle aziende farmaceutiche. La ricerca dual-use si riferisce a programmi di ricerca che beneficiano di finanziamenti militari, ma che presentano applicazioni sia militari che civili. In particolare, il settore biotecnologico si avvantaggia spesso di tali investimenti, in quanto le tecnologie sviluppate originariamente per la difesa, come ad esempio le contromisure contro agenti biologici, possono essere adattate per la scoperta e lo sviluppo di nuovi farmaci e terapie per la cura di malattie comuni.
Tuttavia, è fondamentale analizzare criticamente la reale portata di questo legame, evitando semplificazioni e valutando attentamente i rischi e le opportunità che ne derivano. L’aumento delle spese militari deve essere accompagnato da una riflessione approfondita sulle priorità di ricerca e sulla destinazione dei fondi pubblici, al fine di garantire che il progresso scientifico sia orientato al benessere della collettività e non esclusivamente alle esigenze del settore della difesa.
Nel contesto italiano, un ruolo di primo piano è svolto dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM), una realtà che rappresenta un esempio emblematico di come le competenze e le infrastrutture militari possano essere messe al servizio della salute pubblica. Fondato nel XIX secolo, lo SCFM si è distinto nel corso della sua storia per la produzione di farmaci destinati alle Forze Armate e al Servizio Sanitario Nazionale, svolgendo un ruolo cruciale soprattutto nella produzione di farmaci “orfani“, ovvero medicinali che non suscitano l’interesse commerciale delle aziende farmaceutiche private, ma che sono essenziali per il trattamento di patologie rare e invalidanti.
Lo SCFM, operando senza finalità di lucro e in sinergia con le aziende private, si pone come un presidio fondamentale per garantire l’accesso alle cure a tutti i cittadini, producendo farmaci come la Mexiletina, impiegata nella terapia delle miotonie, e la Colestiramina, utilizzata per il trattamento del morbo di Crigler-Najjar. Dal 2015, lo stabilimento ha inoltre avviato la coltivazione di cannabis ad uso medico, dimostrando una capacità di adattamento alle nuove esigenze terapeutiche e un impegno costante nella ricerca di soluzioni innovative per la salute dei pazienti.
Tuttavia, è importante sottolineare che l’esistenza stessa dello SCFM solleva interrogativi sulle dinamiche del mercato farmaceutico e sulle priorità del sistema sanitario. Se lo Stato si fa carico della produzione di farmaci che il settore privato non considera redditizi, ciò evidenzia una criticità nel meccanismo di allocazione delle risorse e nella capacità di garantire l’accesso alle cure a tutti i cittadini, indipendentemente dalla loro condizione economica o dalla rarità della loro patologia.
Il ruolo dello stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze
Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze (SCFM), con le sue radici storiche che risalgono al regio viglietto del 22 dicembre 1832, rappresenta un’istituzione peculiare nel panorama farmaceutico italiano. La sua origine funzionale si concretizzò con la fondazione del Consiglio Superiore dell’Armata Sarda, all’interno del quale fu integrato un chimico farmacista, prefigurando l’esigenza di istituire un laboratorio chimico farmaceutico generale. Tuttavia, fu solo nel 1853 che si concretizzò l’istituzione di un ente specificamente dedicato alla produzione di preparati farmaceutici, grazie al regio decreto approvato dal re Vittorio Emanuele II il 26 giugno di quell’anno.
Il decreto sancì l’istituzione di un Deposito di Farmacia Militare, dotato di un laboratorio chimico-farmaceutico generale, incaricato di fornire tutti i medicamenti necessari al servizio sanitario e veterinario dell’Armata di terra. La sede originaria del Deposito fu stabilita a Torino, in corso Siccardi, e nel 1884 l’ente cambiò denominazione in Farmacia Centrale Militare. A partire dal 1900, lo stabilimento si distinse anche per l’importante Laboratorio di produzione del chinino dello Stato, la cui distribuzione capillare su tutto il territorio nazionale si rivelò fondamentale nella lotta contro la malaria e per soddisfare altre esigenze di carattere civile e sociale.
L’esperienza della Prima Guerra Mondiale portò alla necessità di un aggiornamento delle strutture e delle competenze, al fine di rispondere alle nuove esigenze emerse dal conflitto. Nel 1920, l’ente assunse la denominazione di Istituto Chimico Farmaceutico Militare, e nel 1931 fu trasferito a Firenze, nel quartiere di Rifredi, in una posizione geografica più strategica per l’approvvigionamento e la distribuzione dei farmaci sull’intero territorio nazionale. Lo stabilimento fiorentino si estendeva su una superficie di circa 55.000 metri quadrati e comprendeva una linea produttiva diversificata, in grado di realizzare specialità farmaceutiche, medicamenti, prodotti cosmetici e alimentari. Negli anni Quaranta, il personale impiegato nello stabilimento, tra maestranze e ufficiali chimico-farmacisti, raggiunse le 2.000 unità, provenienti principalmente dal Corpo Sanitario dell’Esercito.
La Seconda Guerra Mondiale causò gravi danni allo stabilimento, che fu oggetto di devastazioni da parte delle truppe tedesche in ritirata nell’estate del 1944. Nonostante le difficoltà, nel periodo della ricostruzione l’Istituto conobbe un forte rilancio, grazie alla sua missione essenziale non solo in ambito militare, ma anche in occasione di calamità naturali e crisi sanitarie, come l’alluvione di Firenze, il terremoto del Friuli e il disastro di Chernobyl.
A partire dal 2001, lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare è entrato alle dipendenze dell’Agenzia Industrie Difesa, continuando a svolgere un ruolo fondamentale nel soddisfare le esigenze delle Forze Armate in ambito sanitario, parafarmaceutico e alimentare. Nel 2014, su disposizione congiunta dei Ministeri della Salute e della Difesa, è stata avviata la sperimentazione a livello terapeutico di estratti della cannabis, aprendo nuove prospettive per il trattamento di diverse patologie. Durante la pandemia da Covid-19, lo stabilimento ha realizzato soluzioni disinfettanti per mani e superfici, utilizzate nell’Ospedale militare da campo di Piacenza, e ha prodotto idrossiclorochina capsule su indicazione del Ministero della Salute. L’11 gennaio 2020, lo SCFM è stato incluso nell’accordo di collaborazione tra la Fondazione Toscana Life Science (TLS) e l’Agenzia Industrie Difesa (AID) per la realizzazione di un programma integrato di ricerca e sviluppo per la produzione di vaccini e anticorpi monoclonali.
Collaborazioni e ricerca dual-use
Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze ha instaurato una serie di collaborazioni significative con istituzioni pubbliche e private, al fine di promuovere la ricerca scientifica e lo sviluppo di nuove terapie. In particolare, si segnalano gli accordi con la Regione Toscana, la Fondazione Italiana Ricerca sulle Malattie dell’Osso Onlus (FIRMO) e il Dipartimento di Medicina e Chirurgia Traslazionale (DCMT) dell’Università di Firenze.
Tali accordi mirano a favorire la ricerca e la sperimentazione clinica no profit, con particolare attenzione alle malattie rare e orfane, in un’ottica di medicina personalizzata, nonché a promuovere l’informazione e la formazione sui farmaci cannabinoidi. La collaborazione tra Regione e Chimico Farmaceutico Militare si è sviluppata anche nell’ambito della produzione di cannabis terapeutica, a seguito della legge regionale del 2012.
L’Ufficio regionale per la valorizzazione dei risultati della ricerca biomedica e farmaceutica (UvAR) svolge un ruolo di supporto al coordinamento e alla realizzazione delle linee strategiche e delle attività previste dagli accordi. La Regione Toscana, inoltre, promuove la collaborazione tra i vari attori della ricerca, dell’innovazione e del trasferimento tecnologico attraverso il Distretto toscano scienze della vita, e investe sulla valorizzazione e sulla tutela dei risultati della ricerca. Il Centro di Ascolto Regionale fornisce informazioni e orientamento sui percorsi terapeutici, fungendo da punto di connessione con la rete oncologica regionale e la rete malattie rare.
La convenzione con la Fondazione FIRMO mira a facilitare il percorso che va dalla ricerca alla produzione di nuovi farmaci per la terapia di malattie rare dell’osso, con particolare riguardo ai disturbi della mineralizzazione. L’accordo rappresenta uno sviluppo ulteriore del laboratorio “FirmoLab“, nato con l’intento di studiare in vitro le vie molecolari coinvolte nel processo fisiologico e patologico di mineralizzazione, al fine di esaminare le risposte cellulari a possibili trattamenti.
Il prorettore al trasferimento tecnologico dell’Università di Firenze ha espresso soddisfazione per la nascita di questo nuovo laboratorio congiunto, sottolineando come FirmoLab rappresenti uno strumento di maggiore connessione con il territorio, in grado di accelerare i processi di trasferimento tecnologico in un settore di rilevanza strategica. La presidente di FIRMO ha evidenziato come l’accordo darà ulteriore impulso all’attività della struttura, permettendo di ottimizzare le risorse e di ampliare il peso specifico del Laboratorio, con la consapevolezza che la comprensione approfondita del processo di mineralizzazione permetterà di poter pensare a terapie cellulari genetiche e farmacologiche per il trattamento di molte patologie nelle quali è coinvolta la mineralizzazione ossea. Secondo l’intesa, lo Stabilimento Chimico farmaceutico militare ospiterà il Laboratorio nei propri spazi.

Sfide etiche e priorità nella ricerca
Il finanziamento militare della ricerca farmaceutica solleva una serie di interrogativi etici che meritano un’attenta considerazione. Un aumento indiscriminato delle spese militari, pur con investimenti nella ricerca dual-use, rischia di alterare le priorità della ricerca farmaceutica, favorendo lo sviluppo di farmaci e tecnologie utili in contesti militari a discapito della ricerca su malattie più diffuse e invalidanti. È fondamentale evitare che la salute dei cittadini diventi un mero “effetto collaterale” di logiche belliche, garantendo che le decisioni di finanziamento siano guidate da criteri etici e di salute pubblica, piuttosto che da considerazioni puramente militari.
La trasparenza rappresenta un requisito imprescindibile. Gli investimenti militari sono spesso avvolti da un alone di segretezza che mal si concilia con i principi di accountability e di public engagement. È essenziale che la società civile sia informata sulle finalità e le ricadute della ricerca finanziata con fondi pubblici, al fine di poter esprimere un giudizio consapevole e influenzare le decisioni politiche. La ricerca finanziata da fondi militari potrebbe privilegiare lo sviluppo di tecnologie e farmaci rilevanti per i militari, a scapito di aree di ricerca più ampie e rilevanti per la salute pubblica generale. Un esempio potrebbe essere la priorità data allo sviluppo di contromisure contro agenti biologici utilizzati come armi, rispetto alla ricerca su malattie rare o neglette che colpiscono un numero inferiore di persone.
Inoltre, la segretezza che spesso circonda la ricerca militare può limitare la trasparenza e la condivisione dei risultati, ostacolando il progresso scientifico complessivo. È cruciale garantire che le decisioni di finanziamento siano guidate da criteri etici e di salute pubblica, piuttosto che da considerazioni puramente militari.
Un’analisi attenta delle implicazioni etiche della ricerca scientifica finanziata da enti militari è fondamentale per orientare le scelte politiche e garantire che il progresso scientifico sia al servizio del benessere umano e non di interessi particolari.
La sicurezza e l’efficacia dei farmaci sviluppati attraverso finanziamenti militari devono essere valutate con rigore, al fine di tutelare la salute dei pazienti e prevenire eventuali effetti indesiderati. È necessario promuovere un dibattito pubblico informato e trasparente sulle priorità della ricerca farmaceutica, coinvolgendo esperti, rappresentanti della società civile e decisori politici, al fine di definire un quadro di riferimento etico e scientifico condiviso.
Verso un futuro di innovazione responsabile
In conclusione, il legame tra spese militari e innovazione farmaceutica è un tema complesso e delicato, che richiede un approccio multidisciplinare e una visione strategica di lungo termine. L’aumento delle spese militari non deve essere visto come un’opportunità per rilanciare la ricerca farmaceutica, ma come un’occasione per ripensare le priorità del nostro sistema sanitario e per promuovere un modello di sviluppo scientifico più equo, sostenibile e orientato al benessere di tutti i cittadini.
Innovazione farmaceutica di base: Immagina l’innovazione farmaceutica come un’evoluzione costante. Il concetto base è che si parte dalla ricerca di base, si identificano nuovi bersagli terapeutici e si sviluppano molecole capaci di interagire con essi. Queste molecole vengono poi testate, raffinate e, se sicure ed efficaci, trasformate in farmaci. Nel contesto delle spese militari, questo si traduce nella ricerca di nuovi modi per proteggere i soldati da agenti patogeni o lesioni, che poi possono essere applicati alla popolazione generale.
Innovazione farmaceutica avanzata: Ad un livello più avanzato, l’innovazione farmaceutica diventa un vero e proprio business case, un modello di come le aziende farmaceutiche possono creare valore. Questo valore non è solo economico, ma anche sociale. Si tratta di capire come creare farmaci migliori, più efficaci e più accessibili. Le aziende devono considerare non solo i profitti, ma anche l’impatto sulla salute pubblica. Un esempio è lo sviluppo di farmaci orfani per malattie rare, che spesso non sono redditizi ma sono cruciali per i pazienti che ne hanno bisogno. In questo caso, il ruolo dello Stato, come nel caso dello Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, diventa fondamentale per colmare questo divario. Questo stabilimento rappresenta una punta di diamante nel settore farmaceutico. Lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze è una eccellenza del territorio italiano.
A volte mi chiedo: cosa succederebbe se investissimo di più nella ricerca di base, quella che non ha un immediato ritorno economico, ma che può portare a scoperte rivoluzionarie? Cosa succederebbe se incentivassimo le aziende farmaceutiche a collaborare con le università e gli enti di ricerca pubblici, creando un ecosistema di innovazione aperto e inclusivo? Forse, potremmo davvero trasformare le spese militari in un’opportunità per il progresso scientifico e il benessere di tutti.